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184 ATTO TERZO

Eleonora. E voi lo soffrite?1 (a Beatrice)

Beatrice. Che volete ch’io faccia? Me l’ha saputa dare ad intendere; son di buon cuore, non ho potuto dire di no.

Lelio. (Non sanno niente del negozio delle cento doppie). (da sè)

Eleonora. E poi, cara Contessa, farla ballare il primo minuè?

Beatrice. Questa è colpa del ballerino.

Clarice. E voi ve la passate con questa disinvoltura? Non gli fate romper le ossa?

Beatrice. A quest’ora credo se ne sia pentito.

Lelio. Sì signora, ha avuto di già il suo castigo. Egli è a tavola col conte Onofrio, che si mangia i fagiani.

Beatrice. Briccone! Me la pagherà. Ma voi altre che siete amiche, piantarmi così? Andarvene senza dir nulla?

Eleonora. In queste cose non vi vogliono complimenti.

Clarice. Vi andava del nostro decoro.

Beatrice. Eh via! che siete puntigliose.

Eleonora. Brava, siamo puntigliose? Perchè non l’avete condotta qui quella signora di tanto merito?2

Beatrice. Per me non la tratterò più certamente.

Clarice. Non avete impegno con un ministro?

Beatrice. Quando devo dirvi tutto, l’ho fatto per compiacere unicamente il caro signor conte Lelio.

Eleonora. Sicchè il signor conte Lelio è causa di tutto.

Clarice. Non vi credeva capace di ciò. (a Lelio)

Lelio. (Se potessi dir tutto, non parlereste così). (a Beatrice)

SCENA XII.

Donna Rosaura e detti.

Eleonora. Come!

Beatrice. Qui?3

Clarice. Che temerità è questa?

  1. Segue nelle edd. Bett., Paper, ecc.: «Clar. E voi gli fate la mezzana? alla medesima».
  2. Bett.: non l’avete condotta al casino la signora Livornese?
  3. Bett.: Cosa vedo?