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IL BUGIARDO 329

Giovine. Perdoni, signora maschera, è questa la casa del signor dottor Balanzoni?

Rosaura. Per l’appunto: che ricercate?

Giovine. Ho della roba da consegnare alla signora Rosaura, di lui figliuola.

Rosaura. Quella sono io. Che roba è? Chi la manda?

Giovine. Questi sono quaranta braccia di biondo1. Il mio padrone m’ha detto che viene a lei; ma nè egli, nè io sappiamo chi sia la persona che l’ha comprata.

Rosaura. Quand’è così, riportatela pure. Io non ricevo la roba, se non so da chi mi viene mandata.

Giovine. Io ho l’ordine di lasciargliela in ogni forma. Se non la vuol ricevere per la strada, batterò e la porterò in casa.

Rosaura. Vi dico che non la voglio assolutamente.

Giovine. È pagata: costa dieci2 zecchini.

Rosaura. Ma chi la manda?

Giovine. Non lo so, da giovine onorato.

Rosaura. Dunque non la voglio.

Lelio. Signora Rosaura, ammiro la vostra delicatezza. Prendete i pizzi senza riguardo, e poichè li ricusate per non sapere da qual mano vi vengono presentati, sono forzato a dirvi esser quei pizzi un piccolo testimonio della mia stima.

Giovine. Sente? Li ha comprati questo signore.

Arlecchino. (Si maraviglia.

Rosaura. Voi me li regalate? (a Lelio

Lelio. Sì, mia signora, e volevo aver il merito di farlo senza dirlo, per non avere il rossore di offerirvi una cosa così triviale.

Giovine. Sappia, signora, che di meglio difficilmente si trova.

Lelio. Io poi sono di buon gusto. Il mio denaro lo spendo bene.

Arlecchino. (Oh che galiotto!) (da sè

Rosaura. Gradisco sommamente le vostre grazie. Credetemi che quei pizzi mi sono cari all’eccesso. Per l’appunto li desideravo

  1. Paper.: trenta braccia di pizzi.
  2. Paper.: trenta.