Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1909, IV.djvu/363

Da Wikisource.

IL BUGIARDO 351

Arlecchino. No ve lo credo, da galantomo.

Lelio. Questa volta dico pur troppo il vero.

Arlecchino. Sarà vero, ma mi no lo credo.

Lelio. E perchè, s’è vero, non lo vuoi credere?

Arlecchino. Perchè al busiaro no se ghe crede gnanca la verità.

Lelio. Dovresti pur conoscerlo ch’io sono innamorato, dal sospirar ch'io faccio continuamente.

Arlecchino. Siguro! perchè non savì suspirar e pianzer, quando ve comoda. Lo sa la povera siora Cleonice, se savì pianzer e suspirar, se savì tirar zo le povere donne.

Lelio. Ella è stata facile un poco troppo1.

Arlecchino. Gh’avì promesso sposarla, e la povera Romana la v’ha credesto.

Lelio. Più di dieci donne hanno ingannato me; non potrò2 io burlarmi di una?

Arlecchino. Basta; preghè el cielo che la ve vaga ben, e che la Romana non ve vegna a trovar a Venezia.

Lelio. Non avrà tanto ardire.

Arlecchino. Le donne, co se tratta d’amor, le fa delle cosse grande.

Lelio. Orsù, tronca ormai questo discorso odioso. A Cleonice più non penso. Amo adesso Rosaura, e l’amo con un amore estraordinario, con un amore particolare.

Arlecchino. Se vede veramente che ghe volì ben, se non altro per i bei regali che gh’andè facendo. Corpo de mi! Diese3 zecchini in merlo.

Lelio. (Ridendo) Che dici, Arlecchino, come a tempo ho saputo prevalermi dell’occasione?

Arlecchino. L’è una bella spiritosa invenzion. Ma, sior padron, semo in casa de vostro padre4 e gnancora no se magna?

Lelio. Aspetta, non essere5 tanto ingordo.

  1. Bettin.: Lei è stata facile a cadere. Io non ne ho colpa.
  2. Bettin.: posso.
  3. Bettin. e Paper.: trenta.
  4. Bettin.: Sem in cà de voster pader.
  5. Bettin.: non ti dimostrar.