Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1909, IV.djvu/368

Da Wikisource.
356 ATTO SECONDO

Pantalone. De dì, o de notte?

Lelio. Fra il chiaro e l’oscuro.

Pantalone. E ti ha avudo cussì poco giudizio de lassarte trovar, a rischio che i te mazza?a

Lelio. Mi son nascosto in un armadio.

Pantalone. Come donca t’hàli trova?

Lelio. Il mio orologio di repetizione ha suonate le ore, e il padre si è insospettito.

Pantalone. Oh diavolo? Coss’halo dito?

Lelio. Ha domandato alla figlia da chi aveva avuta quella repetizione.

Pantalone. E ella?

Lelio. Ed ella disse subito averla avuta da sua cugina.

Pantalone. Chi èla sta so cugina?

Lelio. La duchessa Matilde, figlia del principe Astolfo, sorella del conte Argante, sopraintendente alle caccie di S. M.

Pantalone. Sta to novizza1 la gh’ha un parentà strepitoso.

Lelio. È d’una nobiltà fioritissima.

Pantalone. E cussì, del relogio cossa ha dito so pare?2 S’halo quietà?

Lelio. L’ha voluto vedere.

Pantalone. Oh bella! Com’ela andada?

Lelio. È venuta Briseide, ha aperto un pocolino l’armadio, e mi ha chiesto sotto voce l’orologio.

Pantalone. Bon; co ti ghel davi, no giera altro.

Lelio. Nel levarlo dal saccoccino3, la catena si è riscontrata col cane d’una pistola che tenevo montata, e la pistola sparò.

Pantalone. Oh poveretto mi! T’hastu fatto mal?

Lelio. Niente affatto.

Pantalone. Cossa hai4 dito? Cossa xe sta?

Lelio. Strepiti grandi. Mio suocero ha chiamata la servitù.

  1. Con pericolo d’essere ucciso.
  1. Donna promessa o da poco maritata: v. Boerio, Diz. cit.
  2. Bett.: to missier?
  3. Bett.: borsellino.
  4. Per hali, hanno essi.