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IL BUGIARDO 365

Rosaura. Ne avrà bisogno l’ultimo.

          E il nome mio vi farò noto un giorno.

Lelio. Questo è il giorno, e questa è la spiegazione. Io non mi chiamo Asdrubale di Castel d’Oro, ma Ruggiero Pandolfi.

Rosaura. Il sonetto non si può intendere, senza la spiegazione.

Lelio. I poeti sogliono servirsi del parlar figurato.

Rosaura. Dunque avete finto anche il nome.

Lelio. Ieri sera era in aria di fingere.

Rosaura. E stamane in che aria siete?

Lelio. Di dirvi sinceramente la verità.

Rosaura. Posso credere che mi amiate senza finzione?

Lelio. Ardo per voi, nè trovo pace senza la speranza di conseguirvi.

Rosaura. Io non voglio essere soggetta a nuovi inganni. Spiegatevi col mio genitore. Datevi a lui a conoscere, e se egli acconsentirà, non saprò ricusarvi. Ancorchè mi abbiate ingannata, non so disprezzarvi.

Lelio. Ma il vostro genitore dove lo posso ritrovare?

Rosaura. Eccolo che viene.

SCENA XVII.

Il Dottore1 e detti.

Dottore. E questi? (a Rosaura, di lontano.

Rosaura. Sì, ma...

Dottore. Andate dentro. (a Rosaura, non sentito da Lelio

Rosaura. Sentite prima...

Dottore. Va dentro, non mi fare adirare. (come sopra

Rosaura. Bisogna ch’io l’obbedisca. (entra

Lelio. (Veramente mi sono portato bene. Gil Blas2 non ha di queste belle avventure). (da sè

Dottore. (All’aria si vede ch’è un gran signore; ma mi pare un poco bisbetico). (da sè

  1. Nell’ed. Bett. parla bolognese: vedasi Appendice.
  2. Pap.: Il Gilblas. - Alludesi al fortunatissimo romanzo di Le Sage, del quale apparvero nel 1715 i primi sei libri.