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368 ATTO SECONDO

Arlecchino. (Fa degli atti di ammirazione, vedendo Ottavio.

Lelio. Attendetemi, che vi prometto venire.

Ottavio. Imparerete ad esser meno bugiardo. (parte

Arlecchino. Sior padron, el morto cammina. (ridendo

Lelio. La collera mi ha acciecato. Ho ucciso un altro invece di lui.

Arlecchino. M’immagino che l’averì ammazzà colla spada d’una spiritosa invenzion. (starnuta, e parte

SCENA XXI1.

Lelio solo.

Non può passare per spiritoso, chi non ha il buon gusto dell’inventare. Quel sonetto però mi ha posto in un grande impegno. Potea dir peggio? Io non son cavalier, nè titolato; nè ricchezze o tesori aver mi vanto! E poi: nacqui in Lombardia sotto altro cielo! Mi ha preso per l’appunto di mira quest’incognito mio rivale, ma il mio spirito, la mia destrezza, la mia prontezza d’ingegno supera ogni strana avventura. Quando faccio il mio testamento, voglio ordinare che sulla lapide mia sepolcrale sieno incisi questi versi:

     Qui giace Lelio, per voler del fato,
          Che per piantar carote a prima vista
          Ne sapeva assai più d’un avvocato,
          E ne inventava più d’un novellista.
          Ancorchè morto, in questa tomba il vedi:
          Fai molto, passeggier, se morto il credi.

Fine dell’Atto Secondo.




  1. È unita in Bett. alla scena preced.