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452 ATTO PRIMO

Luigia. Credetemi, è ancor troppo presto. Che potete sperare da una, che non sa distinguere il ben dal male?

Conte. Spero ch’ella intenda il bene, senza conoscere il male.

Luigia. Conte, amate voi veramente Isabella?

Conte. L’amo con tutto il cuore.

Luigia. Parlatemi sinceramente; perchè l’amate?

Conte. Perchè è vezzosa, perchè è bella, perchè è savia, perchè è vostra figlia.

Luigia. L’amate perchè è mia figlia?

Conte. Così è; voi l’avete adornata di tutti quei pregi, di tutte quelle virtù che la rendono amabile.

Luigia. (Non m’ingannai; egli si è prima innamorato della madre, e poi della figlia). (da sè)

Conte. Ella ha sortito da voi la nobiltà di quel sangue...

Luigia. Il sangue poche volte innamora. Ditemi, Isabella vi pare che mi somigli?

Conte. Moltissimo. Ella è il vostro ritratto.

Luigia. Chi apprezza il ritratto, farà conto dell’originale.

Conte. Parmi, signora, avervi dati in ogni tempo dei1 contrassegni del mio rispetto2.

SCENA XII3.

Don Sigismondo e detti.

Sigismondo. Eccellenza, posso venire? (di dentro)

Luigia. Sì, venite, venite.

  1. Bett. aggiunge: chiari.
  2. Segue nell’ed. Bettinelli: «Luig. Sì, è vero. V’ho inteso, ma ho dovuto fingere di non intendervi. Con. Ed io che credevo di non esser inteso, mi sono spiegato colla signora Isabella. L. Avete fatto malissimo. C. Per che causa? L. Perchè Isabella non è che una copia, ed io sono l’originale. C. È una copia per altro tanto perfetta, che credo non gli manchi nulla per una sposa. L. Le manca una cosa essenziale. C. E che cosa mai? L. La cognizione del vostro merito. C. Non può distinguere in me quel merito ch’io non ho. L. Io per altro conosco quello che non conosce Isabella. C. Se vi è qualche cosa di buono in me, che voi lo conosciate e lei no, fatemi la grazia di renderla in mio vantaggio avvertita. L. Fatica inutile. C. Per qual ragione? L. Isabella non si ha da maritare per ora. C. Il signor D. Sancio me ne ha data parola. L. Mio marito non sa quello che so io. C. Signora, se voi come madre sapete qualche cosa di più, mi rassegno. Se la signora Isabella non è da marito, vi vuol pazienza».
  3. Sc. X nell’ed. Bettinelli.