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IL POETA FANATICO 615

     Tutta la gloria e la vittoria cedo

     Al poeta mazor, che in fazza vedo.
Tonino. Compare mio, per quel che sento e vedo,
     Vu sè, come son mi, bon Venezian.
     Onde de provocarme ve concedo.
     Cantemo, se volè, sin a doman.
     Che voggiè rebaltarme mi no credo,
     Perchè saressi un tristo paesan;
     Ma mi ve renderò pan per fugazza,
     Se vederò che siè de trista razza.
Menico. Mi poeta no son de quella razza,
     Ch’altro gusto no gh’ha che criticar.
     Lasso che tutti diga e tutti fazza,
     E procuro dai altri d’imparar.
     Vorria saver da vu, come che fazza
     Una donna più cuori a innamorar.
     E bramaria che me disessi ancora,
     Se la donna anca ela s’innamora.
Tonino. La donna qualche volta s’innamora,
     Perchè fatta la xe de carne ed osso;
     Ma quando con più d’un la se tra fora,
     Crederghe certamente più no posso.
     Parerà che la pianza e che la mora,
     Ma mi sta malignazza la cognosso;
     So che quando la finze un doppio affetto,
     No la gh’ha per nissun amor in petto.
Menico. Pol darse che le gh’abbia amor in petto
     Per uno, e che le finza con quell’altro.
     Pol esser che le ama un solo oggetto,
     E le finza con do coll’occhio scaltro.
     Ma stabilir no voggio per precetto,
     Che la donna tradissa e l’uno e l’altro.
     Le donne, che in speranza molti tien,
     Le porta sempre el più diletto in sen.