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Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1909, IV.djvu/82

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76 ATTO TERZO

Dottore. Animo, dunque, che si conchiuda. Datevi la mano.

Florindo. Eccola, unita al mio cuore.

Rosaura. Eccola, in testimonio della mia fede. (si danno la mano)

Colombina. Oh cari! Oh che bella cosa! Mi sento venire l’acqua in bocca.

SCENA VII.

Pantalone e detti.

Pantalone. Com’ela? Coss’e sto negozio?

Dottore. Signor Pantalone, benchè non vi siate degnato di parlar meco, ho rilevata la vostra intenzione, ed io ciecamente l’ho secondata.

Pantalone. Come? Intenzion de cossa?

Dottore. Ditemi, di grazia, non avete voi desiderato che mia figlia fosse sposa del signor Florindo?

Pantalone. No xe vero gnente.

Dottore. Avete pur detto a lei di volerla maritare in casa vostra.

Pantalone. Sior sì, ma no co mio fio.

Dottore. Dunque con chi?

Pantalone. Con mi, con mi.

Dottore. Non credeva mai che in questa età vi sorprendesse una simile malinconia. Compatitemi, ho equivocato; ma questo equivoco ha prodotto il matrimonio di vostro figlio con Rosaura mia figlia.

Pantalone. No sarà mai vero, no l’accorderò mai.

Dottore. Anzi sarà senz’altro. Se non l’accordate voi, l’accordo io. Voi e vostro figlio avete fatto all’amore con la mia figliuola; dunque, o il padre o il figlio l’aveva a sposare. Per me, tanto m’era uno, quanto l’altro. Ma siccome il figlio e più giovine e più lesto di gamba, egli è arrivato prima; e voi, che siete vecchio, non avete potuto finir la corsa, e siete rimasto a mezza strada.

Colombina. È il solito de’ vecchi: dopo quattro passi, bisogna che si riposino.