Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1909, V.djvu/273

Da Wikisource.

IL GIUOCATORE 259

Lelio. Signor Florindo...

Florindo. Favorite: accomodatevi, che ora sono con voi.

Lelio. Benissimo. (Se non vuol venire, non importa, mangeremo noi). (a Tiburzio, e parte)

Tiburzio. (Egli smania, ed io mangerò col maggior gusto del mondo). (da sè, parte)

SCENA XV.

Florindo e Brighella.

Brighella. Sior Florindo, vala a desinar?

Florindo. Non ho appetito.

Brighella. Eh via, la vada; no la se fazza burlar.

Florindo. Andate, che ora vengo.

Brighella. Cossa volela che diga quei signori?

Florindo. Andate in malora e in mal punto.

Brighella. Vado... (E me vien voia de darghe cinquanta pugni. Tolè, de là i magna e i beve alle so spalle, e lu l’è qua che el sospira e el bestemmia. Ecco qua i spassi dei zogadori). (da sè, parte)

SCENA XVI.

Florindo, poi Lelio e Tiburzio.

Florindo. Voglio vedere quanto ho perso. (siede, cava la borsa e conta) Gran disgrazia! Se non mi rifaccio oggi, non mi rifaccio mai più.

Lelio. Signor Florindo, alla vostra salute. (di dentro)

Florindo. (Che tu possa crepare!)

Tiburzio. E viva il sette. (di dentro)

Florindo. (Sette corni che vi sbudellino).

Lelio. Signor Florindo, oh che pasticcio! Venite a sentirlo, che è una cosa prodigiosa. (esce, ed entra subilo)

Florindo. Vengo, vengo, per non mostrar passione mi sforzerò a mangiare. Dopo pranzo con questi pochi mi rifarò. (entra)