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LA FINTA AMMALATA | 453 |
Rosaura. Oh, signor no.
Pantalone. Dimme, tioresistu mario?
Rosaura. Perchè no?
Pantalone. Ben; se ti sarà sana, te mariderò.
Rosaura. Adesso parmi di essere risanata.
Pantalone. Co l’è cussì, sappi, fia mia, che un certo sior Lelio Ardenti t’ha fatto domandar; gh’ho dito de no, perchè ti gieri poco sana; ma adesso che ti sta ben, ghe dirò de sì, e te mariderò.
Rosaura. Oimè! Mi vien male, non posso più.
Pantalone. Sior dottor, presto, ghe torna mal. Vedeu? Gnanca el mario la farà guarir.
Onesti. (Costei è innamorata di qualcheduno). (da sè) Volete un altro bicchiere d’acqua cordiale?
Rosaura. No, non ne voglio.
Pantalone. Vustu che te la daga mi?
Rosaura. Signor no.
Onesti. La volete da me?
Rosaura. Ah, non giova. (sospirando e guardandolo)
Onesti. Via, signora Rosaura, fatevi animo.
Rosaura. Non posso.
Pantalone. Ma cossa gh’astu?
Rosaura. Non lo so.
Onesti. Via, che cosa vi sentite?
Rosaura. Non lo so. (piangendo)
Pantalone. Ti pianzi? Ti me par matta.
Rosaura. Se son pazza, lasciatemi stare da pazza. Non mi abbadate, non mi tormentate.1 (parte)
Pantalone. Povera putta! Ande là, creature, agiutela.
Colombina. (Oh, il medico non la guarirà mai, sino che suo padre sarà presente alla cura). (parte, e poi ritorna)
Beatrice. (Signor dottore, fra voi e me parleremo) (piano al dottore) Amore fa proprio impazzire le povere donne. (parte)
- ↑ Segue nell’ed. Pap.: Voglio ridete, voglio piangere, voglio far quel ch’io voglio.