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Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1909, V.djvu/65

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PAMELA 55

Bonfil. Bene, verrò con voi.

Artur. Me ne date parola?

Bonfil. Sì, in parola di cavaliere.

Artur. Permettetemi che vada poco lontano; or ora sono da voi.

Bonfil. Non volete desinar meco?

Artur. Sì, ma deggio dare una piccola commissione. Fra un’ora attendetemi.

Bonfil. Accomodatevi come vi aggrada.

Artur. Amico, addio.

Bonfil. Son vostro servo.

Artur. (Povero Milord? Nello stato in cui si ritrova, egli ha bisogno di un vero amico, che lo soccorra). (da sè, parte)

Bonfil. Ehi.

SCENA III.

Isacco e detto, poi monsieur Longman.

Isacco. Signore.

Bonfil. Il maggiordomo. (Isacco via) Milord Artur conosce il mio male ed il mio rimedio; ed io son un infermo che odia la medicina, e non vorrebbe al medico rassegnarsi. Ho data la mia parola; anderò. E Pamela? E Pamela si mariterà. Si mariterà? Sì, sì; si mariterà; a tuo dispetto, mio cuore; sì, a tuo dispetto1.

Longman. Signore?

Bonfil. Vi levo ogni ordine. Non vado alla contea di Lincoln.

Longman. Ho inteso.

Bonfil. Fatemi preparare per dopo pranzo un abito da viaggio.

Longman. Parte oggi, signore?

Bonfil. Sì.

Longman. Dunque parte.

Bonfil. Sì; l’ho detto.

Longman. Ho da preparare il bagaglio per la contea di Lincoln?

Bonfil. Siete sordo? V’ho detto che non vi vado.

  1. Bett. ha solo: a tuo dispetto, mio core, si mariterà.