Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1909, V.djvu/68

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58 ATTO SECONDO

Bonfil. Jevre, non mi stancate. O qui venga Pamela, o io vado da lei.

Jevre. No, no; la farò venir qui. (In quella camera vi si vede poco). (da sè)

Bonfil. Ecco il terribil punto, in cui ho da imparare la gran virtù di superare me stesso.

SCENA V.

Jevre conducendo Pamela per mano, che viene col capo chino,
tremando, e detto
.

Jevre. (Non dubitate, ha promesso di non farvi alcun dispiacere). (piano a Pamela)

Pamela. (Ha giurato?) (piano a Jecre)

Bonfil. (Resta pensoso fra sè.)

Jevre. (Sì, l’ha giurato). (piano a Pamela)

Pamela. (Oh, quando giura, non manca).

Jevre. Signore. (a Milord)

Bonfil. (Si volta) Pamela.

Pamela. (Con gli occhi bassi non risponde.)

Bonfil. Pamela, tu dunque m’odii.

Pamela. No, signore, io non vi odio.

Bonfil. Tu mi vorresti veder morire.

Pamela. Spargerei il mio sangue per voi.

Bonfil. Mi ami?

Pamela. Vi amo, come la serva deve amare il padrone.

Jevre. (Poverina! È di buon cuore). (a Bonfil)

Bonfil. Sì, Pamela, tu sei veramente una giovine di buon costume; conosco la tua onestà; ammiro la tua virtù; meriti ch’io ricompensi la tua bontà.

Pamela. Signore, io non merito nulla.

Bonfil. La tua bellezza è stata creata dal cielo per felicitare un qualche avventurato mortale. (rimane pensoso)

Pamela. (Io non intendo bene il senso di queste parole). (piano a Jevre)