Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1909, VI.djvu/144

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134 ATTO PRIMO

SCENA XX.

Florindo colla spada alla mano, e detti.

Florindo. Traditore, ti ho colto.

Lelio. Eh, giuro al cielo, non è più tempo. Ora la tua vita è nelle mie mani. (guadagnando la spada a Florindo, con uno stile alla mano)

Florindo. Saziati nel mio sangue.

Lelio. Con questo stile ti voglio cavar il cuore. Ma prima osserva la tua bella; osservala in mio potere, svenuta per amor mio.

Florindo. Oh Dio! Dammi la morte, perfido, dammi la morte.

SCENA XXI.

Bargello coi birri, ed i suddetti.

Bargello. Alto, ferma, la Corte.

Lelio. Indietro, o ch’io v’uccido. (i birri arrestano Florindo)

Bargello. Questo è preso. Conducetelo alla prigione. (ai birri)

Florindo. Infelice Rosaura, ti raccomando alla clemenza del cielo. (parte con i birri)

Lelio. Che fate qui voi altri? Perchè di qui non andate? (al bargello)

Bargello. Signor Lelio, favorisca venir colle buone; non si faccia maltrattare.

Lelio. Eh temerario! Così parli con me? Vi ucciderò quanti siete. (i birri lo circondano, egli si difende, e tutti confusamente partono)

Rosaura. Oimè! Dove sono? Non vedo Lelio; la porta è aperta: qual nume tutelar mi difese?

SCENA XXII.

Il Mastro di posta, Arlecchino e Rosaura.

Mastro. (È questa la donna di cui parlate?) (ad Arlecchino)

Arlecchino. (Sior sì, l’è questa).

Rosaura. (Costui è il servo della signora Beatrice). (da sè, osservando Arlecchino)