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L'INCOGNITA 173

Beatrice. Vostro padre non è molto di qui lontano, e se bramate vederlo, vi farò scortare dov’egli presentemente si trova.

Rosaura. Non mi potete fare grazia maggior di questa.

Beatrice. Come avete fatto a liberarvi dalle mani di Lelio?

Rosaura. Oh Dio! Non lo so. Guidommi al bosco, mi chiuse in una capanna. Colà per prodigio vi ritrovai Colombina; ella mi fu levata, rimasi sola; trovai il vostro servo.... Signora, sono agitata a segno che non so nemmeno s’io viva.

Beatrice. Povera sventurata! Ditemi, avete più veduto Florindo?

Rosaura. Ah, non mi parlate di lui.

Beatrice. Lo vedreste voi volentieri?

Rosaura. Oh Dio! Non mi tormentate.

Beatrice. (Così potessi levarti il cuore). (da sè)

Rosaura. Per pietà, mandatemi dal mio genitore.

Beatrice. Florindo sarà poi vostro sposo?

Rosaura. Sarà di me tutto quello che è scritto lassù nel cielo.

Beatrice. (No, non sarà scritto che tu sia sposa di lui). (da sè) Via, rasserenatevi; se non potete esser lieta colla vista del vostro amante, lo sarete con quella del vostro genitore. Ehi, Arlecchino.

SCENA XII.

Arlecchino e le suddette.

Arlecchino. Signora.

Beatrice. Condurrai questa giovine a quella casa, ove trovasi il di lei padre.

Arlecchino. Ma dov’èia sta casa?

Beatrice. Sciocco, non lo sai?

Arlecchino. No me l’arricordo.

Beatrice. Nel venir che facesti a questa volta, non vedesti tu entrare un uomo solo in una casa?

Arlecchino. È vero.

Beatrice. Bene, colà devi condur Rosaura.

Arlecchino. Là donca sta so pader?

Beatrice. Sì, là sta suo padre.