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Guglielmo. Servitor umilissimo.

Livia. Ben tornato, signor Guglielmo. Che vuol dire che ora non mi parete più tanto allegro?

Guglielmo. Ma! s’ha muà el vento, e el mar che giera in bonazza, adesso el xe in borrasca.

Livia. Cosa c’è? Vi è qualche novità?

Guglielmo. La novità no xe piccola. Sior D. Filiberto, con galanteria m’ha dà el mio congedo, e mi son qua osel sulla frasca, senza nio, senza cheba e senza meggio.

Livia. Per che causa D. Filiberto vi ha licenziato?

Guglielmo. No saverave. Male azion mi no ghe n’ho fatto. El s’averà stufà de soffrirme.

Livia. Ma non si licenzia di casa un galantuomo, così da un momento ali’altro.

Guglielmo. Xe vero, e taso perchè quattro mesi ho magnà alla so tola; per altro.... Basta, no son gnancora andà via de Palermo.

Livia. Eh, io so perchè vi averà licenziato.

Guglielmo. Perchè, cara ela?

Livia. Perchè sa il cielo, se oggi aveva nemmeno da desinare.

Guglielmo. Oh, cossa disela? Stamattina so muggier m’ha dà diese doppie.

Livia. Vele ha date la moglie, ma non il marito.

Guglielmo. La me l’ha dae per ordine de so mano.

Livia. Eh pensate! Se suo marito non ha un soldo.

Guglielmo. E pur el gh’aveva za un poco altre diese doppie anca elo.

Livia. Dieci doppie D. Filiberto? (Ora intendo, sono le dieci che non ha date a Guglielmo). Sapete di chi sono le dieci doppie che aveva D. Filiberto?

Guglielmo. De chi?

Livia. Vostre.

Guglielmo. Come mie? Sei m’ha tolto anca le altre diese che i m’haveva dà?

Livia. Vi hanno preso le altre dieci?