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SCENA XII.

D. Livia e D. Eleonora.

Livia. Qui in questa stanza staremo con maggior libertà. Qui potete svelarmi ogni arcano senza difficoltà.

Eleonora. Prima ch’io passi a narrarvi la serie delle mie sventure, permettetemi ch’io vi chieda, se conoscete un Veneziano, nominato Guglielmo.

Livia. Sì, lo conosco. (Oh Dio! Mi trema il core!)

Eleonora. Deh, assicuratemi se sia vero ciò che poc’anzi mi venne asserito, cioè s’egli trovisi nella vostra casa.

Livia. Sì, è verissimo, egli è in mia casa.

Eleonora. Ah signora, sappiate che Guglielmo è il mio sposo.

Livia. Come! Vostro sposo Guglielmo!

Eleonora. In Napoli ei mi giurò la fede.

Livia. Le nozze sono concluse?

Eleonora. Egli partì nel punto che si dovevano concludere.

Livia. Per qual ragione vi abbandonò?

Eleonora. Guglielmo in Napoli faceva il mercante...

Livia. (Ha fatto anche il mercante!)

Eleonora. Ed era unito in società con un altro. Lo tradì il suo compagno, gli portò via i capitali, e il povero giovine fu costretto partire.

Livia. Dove andò egli?

Eleonora. A Gaeta.

Livia. A fare il medico?

Eleonora. È vero, la necessità lo fece prender partito.

Livia. Tornò in Napoli a rivedervi?

Eleonora. Tornovvi dopo il giro di pochi mesi. Ma siccome lo insidiavano i creditori, assassinati dal compagno mfedele, dovette nuovamente partire, e si è ricovrato in Palermo.

Livia. Ha tenuta con voi corrispondenza?

Eleonora. Appena ebbi la prima lettera, mi partii tosto da Napoli per rintracciarlo. Ma venti contrari mi tennero quattro mesi