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Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1910, IX.djvu/164

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Madamigella. (Va cedendo, spero bene). (da sè)

Pantaloncino. Ma cossa ala da comandarme?

Madamigella. Deggio parlarvi per commissione di vostra sorella.

Pantaloncino. Cossa vol da mi mia sorella?

Madamigella. Ella è innamorata.

Pantaloncino. Che la se comoda, che bon pro ghe fazza.

Madamigella. Ma l’amante, per dirla, non è degno di lei.

Pantaloncino. Con chi fala l’amor?

Madamigella. Vi dirò: il di lei genio la porta ad amare una persona che non merita l’amor suo.

Pantaloncino. Che vol dir?

Madamigella. Un giovine nato civile, se vogliamo, ma che ha massime vili.

Pantaloncino. Oibò, la fa mal mia sorella.

Madamigella. Accordate anche voi, che fa torto alla nascita chi la deturpa?

Pantaloncino. No vorla? Siguro.

Madamigella. Sappiate di più, che codesto giovane da lei amato è un giocatore, che consuma nelle biscaccie il tempo, il denaro e la salute medesima.

Pantaloncino. Pezo. La starave fresca!

Madamigella. Ah! Che dite? Un giocatore di questa sorta è un bel fior di virtù?

Pantaloncino. El zogo, el zogo... Basta... tiremo avanti.

Madamigella. Oh che poca avvertenza ha questa vostra sorella! Il di lei amante è rovinato: ha precipitata la casa in crapule, in feste, in divertimenti, in compagnia di gente trista, in case o disonorate o sospette.

Pantaloncino. Come? xela deventada matta? Co sta sorte de zente la fa l’amor? Voggio dirghe l’animo mio. Voggio che la me senta...

Madamigella. Fermatevi; non tanto caldo. Sapete chi è la persona viziosa, che ama vostra sorella?

Pantaloncino. Chi xelo sto poco de bon?

Madamigella. Il signor Pantaloncino de’ Bisognosi.