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Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1910, IX.djvu/214

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202 ATTO PRIMO


SCENA III.

Il Marchese ed il Conte.

Marchese. Voi credete di soverchiarmi con i regali, ma non farete niente. Il mio grado val più di tutte le vostre monete.

Conte. Io non apprezzo quel che vale, ma quello che si può spendere.

Marchese. Spendete pure a rotta di collo. Mirandolina non fa stima di voi.

Conte. Con tutta la vostra gran nobiltà, credete voi di essere da lei stimato? Vogliono esser denari.

Marchese. Che denari? Vuol esser protezione. Esser buono in un incontro di far un piacere.

Conte. Sì, esser buoni in un incontro di prestar cento doppie.

Marchese. Farsi portar rispetto bisogna.

Conte. Quando non mancano denari, tutti rispettano.

Marchese. Voi non sapete quel che vi dite.

Conte. L’intendo meglio di voi.

SCENA IV.

Il Cavaliere di Ripafratta dalla sua camera, e detti.

Cavaliere. Amici, che cos’è questo romore? Vi è qualche dissensione fra di voi altri?

Conte. Si disputava sopra un bellissimo punto.

Marchese. Il Conte disputa meco sul merito della nobiltà. (ironico)

Conte. Io non levo il merito alla nobiltà: ma sostengo, che per cavarsi dei capricci, vogliono esser denari.

Cavaliere. Veramente, Marchese mio...

Marchese. Orsù, parliamo d’altro.

Cavaliere. Perchè siete venuti a simil contesa?

Conte. Per un motivo il più ridicolo della terra.

Marchese. Sì, bravo! il Conte mette tutto in ridicolo.

Conte. Il signor Marchese ama la nostra locandiera. Io l’amo ancor più di lui. Egli pretende corrispondenza, come un tri-