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LA LOCANDIERA 203


buto alla sua nobiltà. Io la spero, come una ricompensa alle mie attenzioni. Pare a voi che la questione non sia ridicola?

Marchese. Bisogna sapere con quanto impegno io la proteggo.

Conte. Egli la protegge, ed io spendo. (al Cavaliere)

Cavaliere. In verità non si può contendere per ragione alcuna che lo meriti meno. Una donna vi altera? vi scompone? Una donna? che cosa mai mi convien sentire? Una donna? Io certamente non vi è pericolo che per le donne abbia che dir con nessuno. Non le ho mai amate, non le ho mai stimate, e ho sempre creduto che sia la donna per l’uomo una infermità insopportabile.

Marchese. In quanto a questo poi, Mirandolina ha un merito estraordinario.

Conte. Sin qua il signor Marchese ha ragione. La nostra padroncina della locanda è veramente amabile.

Marchese. Quando l’amo io, potete credere che in lei vi sia qualche cosa di grande.

Cavaliere. In verità mi fate ridere. Che mai può avere di stravagante costei, che non sia comune all’altre donne?

Marchese. Ha un tratto nobile, che incatena.

Conte. È bella, parla bene, veste con pulizia, è di un ottimo gusto.

Cavaliere. Tutte cose che non vagliono un fico. Sono tre giorni ch’io sono in questa locanda, e non mi ha fatto specie veruna.

Conte. Guardatela, e forse ci troverete del buono.

Cavaliere. Eh, pazzia! L’ho veduta benissimo. È una donna come l’altre.

Marchese. Non è come l’altre, ha qualche cosa di più. Io che ho praticate le prime dame1, non ho trovato una donna che sappia unire, come questa, la gentilezza e il decoro.

Conte. Cospetto di bacco!2 Io son sempre stato solito trattar donne; ne conosco li difetti ed il loro debole. Pure con costei, non

  1. Paper., Bettin. ecc. aggiungono: del mondo.
  2. Segue nelle edd. Pap., Bett. ecc.: Io era avvezzo con pochi paoli a battere a tante porte. Ho speso tanto con costei, e non ho potuto ecc.