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Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1910, IX.djvu/452

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438 ATTO TERZO

SCENA II.

Pantalone solo.

Brighella xe un omo de cuor, e l’esempio dei boni dispone i altri a far ben; anca mi son inclinà a soccorrer i bisognosi, e l’ho fatto volentiera co sior Ottavio, ma le so male grazie me lo aveva fatto scartar. Brighella me torna a pregar, e me torna a mover a compassion; dove che posso l’agiuterò, ma in casa mia no certo.

SCENA III.

Ottavio e detto.

Ottavio. Servitor umilissimo, signor Pantalone. (mortificato)

Pantalone. Coss’è, sior? Seu mortificà?

Ottavio. Assai.

Pantalone. Vostro danno. Chi v’ha insegna a parlar co le putte cussì da matto?

Ottavio. Sono una bestia, lo confesso. L’ho però fatto senza malizia, ve ne domando scusa.

Pantalone. Vardè se gh’avè giudizio: in tempo che geri qua per far un conto che v’aveva dà da far, lasse el conto da banda, e ve perde in pettegolezzi?

Ottavio. Per carità, non mi mortificate d’avvantaggio. Il conto, signore, eccolo qui.

Pantalone. Elo fatto? (lo prende)

Ottavio. È fatto.

Pantalone. (Osserva, e legge piano, borbottando, poi dice) Bon, pulito, el conto va ben: diseme, caro sior Ottavio, da galantomo e da omo d’onor. Sto conto l’aveu veramente fatto vu?

Ottavio. Da galantuomo? Da uomo d’onore? Con questi scongiuri? Non l’ho fatto io.

Pantalone. Ma donca, con che idea ve seu esebio de vegnir in tel mio negozio, se no sè franco de sta sorte de conti?

Ottavio. Vi dirò. Di conti ho qualche infarinatura. Qualche ta-