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Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1910, IX.djvu/463

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IL CONTRATTEMPO 449


casa, mi si è anche1 aperto il cuore, e giubbilo dall’allegrezza.

Beatrice. (Voglio assicurarmi). (da sè)

Ottavio. Ma voi state li ingrugnata, che parete la balia di Radamanto.

Beatrice. Grazioso al solito!

Ottavio. Me la vo’ mordere questa linguaccia del diavolo! (Non mi posso tenere). (da sè.)

Beatrice. (Anderò io dal signor Pantalone). (da aè)

Ottavio. Via, finalmente siamo soli. Quando non vi è nessuno, datemi licenza che io possa dir qualche barzelletta.

Beatrice. Trattenetevi, signor Ottavio, che or ora torno.

Ottavio. Andate fuori di casa?

Beatrice. Vo qui da una mia vicina. Torno a momenti.

Ottavio. Accomodatevi; ma non mi fate aspettar sino a sera.

Beatrice. Tornerò presto. (Il cuor mi dice ch’io non gli creda). (da sè, parte)

SCENA XI.

Ottavio solo.

Bisogna poi dirla, ch’io piuttosto son fortunato. Per due o tre delle mie vivezze aveva perso in un giorno e la grazia di Beatrice, e quella del signor Pantalone; lode al cielo, ho ricuperata l’una e l’altra, e spero con questi due appoggi stabilire la mia fortuna. Brighella in verità ha fatto assai per me, gli sono veramente obbligato. A suo tempo lo saprò riconoscere. Quando ne ho, non mi lascio vincer da nessuno. Così avessi tenuto conto del mio, come ora sarei in grado di darne, e non di andare, si può dir, mendicando. Eh, da qui innanzi averò giudizio; sarò cauto, sarò prudente.

  1. Zatta: ancora.