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LA CASTALDA 171

Beatrice. La delicatissima signora Corallina vuol vedersi sola. Ha troppa gelosia della sua autorità.

Corallina. Penso al mio stato, penso al mio interesse, e son compatibile, se temo di perdere la mia fortuna.

Pantalone. Ma come? In che maniera? Cossa ve andeu insuniando?

Corallina. Volete ch’io vi dica il mio sogno? Eccolo qui, signore: la signora Beatrice è una persona civile, una garbata vedova, una fresca donna. Ella è venuta qui per accidente, e potrebbe restarvi per sempre. Il signor Pantalone, che vuole rimaritarsi, non farebbe cattiva giornata accomodandosi con una persona di tanto merito. In tal caso, che sarebbe di me? La prima cosa: Corallina via. Vi pare che abbia io ragione di scuotermi, e di domandarvi anticipatamente la mia licenza? (a Pantalone)

Pantalone. No xe vera nissuna de ste cosse. (a Corallina)

Beatrice. Il signor Pantalone non ha veruna stima di me.

Pantalone. La stimo anzi moltissimo. (a Beatrice)

Corallina. Il signor Pantalone non ha per me alcuna premura.

Pantalone. No podè dir cussì: savè quel che v’ho promesso.

Corallina. Se è vero quello che mi avete promesso, confermatelo in faccia della signora Beatrice.

Pantalone. Volè mo che diga in fazza della zente...

Corallina. Vi vergognate a dirlo?

Pantalone. Me vergogno un pochetto.

Corallina. Dunque siete un bugiardo, che mi vuol tradire.

Beatrice. Eh via, signor Pantalone. Parlate liberamente; se qualche cosa le avete detto per lusingarla, disingannatela.

Corallina. Via, senza soggezione, dichiaratevi per la signora Beatrice. In confronto di lei, devo cedere per ogni ragione.

Beatrice. Il signor Pantalone è un uomo civile, ne vorrà farsi ridicolo per la piazza.

Pantalone. (Son tra l’ancuzene e el martello). (da sè)

Corallina. Caro signor padrone, conviene alfine che ci separiamo del tutto. Perdonatemi, se non vi ho servito a misura