Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1910, VII.djvu/284

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272 ATTO PRIMO

Alonso. Ah no, signor Pantalone; vi supplico, vi scongiuro, accordatemi adesso la vostra figlia, concedete ch’io possa darle la mano.

Pantalone. E pò, se una cannonada ve porta via gloriosamente la testa, cossa voleu che fazza la mia povera putta?

Alonso. Tornando in libertà, potrà dispor di se stessa.

Pantalone. E se la restasse con un putello?

Alonso. Sarà l’erede de’ miei beni.

Pantalone. Ma de quai beni? Va sè spagnolo, e nu semo in Italia; compatirne, se tratta de una mia fia. Credo che siè nobile, credo che siè ricco, credo che siè libero, ma no so gnente de certo, e no vorave che un zorno...

Alonso. Come! Si mette in dubbio l’esser mio, la mia onestà, la mia fede? Un uffiziale onorato non è capace di fingere, d’imposturare. Il vostro dubbio m’offende, la vostra diffidenza è un insulto. Giuro al cielo, l’amore di vostra figlia vi garantisce dall’ira mia. Non soffrirei tale ingiuria da chicchessia.

Pantalone. Caro sior alfier, no la se scalda...

Alonso. Non mi toccate nell’onor mio.

Pantalone. Finalmente bisogna considerar...

Alonso. Non mi levate il cuore di vostra figlia.

Pantalone. Donca la vol...

Alonso. Non la voglio, ve la chiedo.

Pantalone. Ma se ghe la negasse...

Alonso. Con che ragione negarla? Con qual pretesto? Perchè? Dite, perchè?

Pantalone. Gnente, sior offizial. La lassa almanco che parla con mia fia.

Alonso. Parlate: è giusto. E s’ella è contenta, me la concedete voi?

Pantalone. Vederemo.

SCENA X.

Don Sancio e detti, ed un Caporale.

Sancio. Nipote, ho da parlarvi. (a don Alonso)

Alonso. Sono a’ vostri comandi.

Pantalone. Fazzo umilissima reverenza al sior capitanio.