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394 ATTO TERZO

Rosaura. Non gli credevo. (entra in casa)

Corallina. (Sinora è andata bene. Non so quel che succederà poi). (da sè, entra in casa)

Pantalone. Andemo a sentir se siora Beatrice sa gnente. (vuol entrare)

SCENA II.

Florindo e Pantalone.

Florindo1. Signor Pantalone, la riverisco divotamente.

Pantalone. Servitor umilissimo.

Florindo. Vorrei pregarvi d’una grazia.

Pantalone. La comandi. In cossa possio servirla?

Florindo. Voi siete il tutore della signora Rosaura.

Pantalone. Per servirla.

Florindo. Perdonate se a troppo mi avanzo. Sareste voi in disposizione di maritarla?

Pantalone. Perchè no? Volesse el cielo che ghe capitasse una bona fortuna. La putta xe in un’età discreta. De bontà no ghe xe fursi la so compagna. La gh’ha de dota quattordese mille ducati; la xe de bon parentà; chi la tolesse, no faria cattivo negozio. (Magari che el la volesse elo! So chi l’è; ghe la daria con tanto de cuor). (da sè)

Florindo. (Qui bisogna farsi coraggio). (da sè) Signor Pantalone, io sono uno che non ha amici di confidenza, perchè vivo a me stesso, e poco pratico. Le cose mie le faccio da me, quando posso, onde mi prendo l’ardire di chiedervi io stesso la signora Rosaura in consorte.

Pantalone. (Oh cielo, te ringrazio!)2 (da sè)

Florindo. Credo che mi conosciate bastantemente...

Pantalone. No la diga altro, caro sior Florindo. So chi la xe.

  1. Precede nell’ed. Bett.: «Fior. Ecco per l’appunto il signor Pantalone. Pant. Oh, se me posso destrigar de sia putta!».
  2. Così le edd. Bett., Pap. ecc. Le edd. Pasquali, Zatta e altre stampano anche qui per isbaglio le parole Potete voi ecc.