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496 | ATTO TERZO |
plebea. Chi sa ch’ella non sia a vedermi dietro a qualche portiera1? Oh cielo!2 il dolore mi opprime, il furore m’assale, moro, non posso più. (cade sopra una sedia, svenuta)
SCENA XII.
Lelio, Florindo e detta.
Lelio. Le cose vanno male. (a Florindo)
Florindo. Torniamola a condurre a casa. (a Lelio)
Lelio. Signora Marchesa?
Florindo. Oh diamine! Ella è svenuta.
Lelio. Il Conte le ha fatto qualche impertinenza.
Florindo. Avete niente da farla rinvenire?
Lelio. Niente a proposito: non ho altro in tasca che il tirabusson.
Florindo. Andiamo ad avvisare il Conte e la Contessa.
Lelio. Sì, andiamo. Che cosa è questa? (vede l'ampolla)
Florindo. Pare acqua.
Lelio. È limonata. (odorandola)
Florindo. Spruzzatela in faccia. Intanto anderò ad avvisare qualcheduno. (parte)
Lelio. Animo, signora Marchesa. (spruzzandola)
Beatrice. Oimè!
Lelio. Che cosa è stato?
Beatrice. Niente. Torniamo a casa.
Lelio. Volete bere una limonata, che vi farà bene?
Beatrice. Sì, date qui. Muoio dalla sete. (beve)
Lelio. Ma che cosa è stato?
Beatrice. Niente, vi dico. A casa ragioneremo3.
SCENA XIII.
Florindo, il Conte Ottavio e detti.
Ottavio. È rinvenuta?
Lelio. Sì.
Ottavio. Che cosa le avete dato?