Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1910, VIII.djvu/350

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336 ATTO PRIMO

Beatrice. Ma questa divisione non è una vendetta che basta. Voglio qualche cosa di più.

Dottore. Se poi ella vuol far girar la testa a suo cognato, il modo è facile.

Beatrice. Come?

Lelio. Questo è un uomo di garbo.

Dottore. Non vorrei che dicessero poi, che io sono stato l’autore del consiglio.

Beatrice. Non vi è pericolo.

Lelio. Avete a far con noi. Non dubitate.

Dottore. Il consiglio è di fargli render conto della sua amministrazione, e siccome egli è stato un uomo piuttosto generoso nello spendere, che ha fatto delle fabbriche inutili, e altre cose che non erano necessarie, lo faremo sudare.

Lelio. Dice benissimo. Lo faremo sudare.

Beatrice. La mia dote!...

Dottore. Vi s’intende. La dote, il frutto della dote, un rendimento di conti universale, uno spoglio di tutto: una lite terribile.

Lelio. Per bacco, se n’accorgerà.

Dottore. Vi è la dote della Contessina....

Beatrice. A proposito. Vada a monte il contratto col marchesino Florindo.

Lelio. Perchè questo?

Beatrice. Perchè lo ha trattato il conte Ottavio.

Corallina. Sì signore, e Brighella ha detto che, quando vuole il suo padrone, basta; ch’egli è il capo di casa, e gli altri non contano per niente.

Lelio. Bene, bene, lo vedremo.

Beatrice. Io intendo per ora di vendicarmi così. Rosaura non sarà più del marchesino Florindo. Ripiglierò il trattato col marchese Riccardo. (parte)

Lelio. Andiamo, signor Dottore, a stendere il primo atto per la divisione. Non vedo l’ora d’esser padrone del mio. (parte col Dottore)