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Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1910, VIII.djvu/508

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492 ATTO TERZO

Arlecchino. Ma perchè sta ressoluzion cussì serpentina?1

Brighella. In sti paesi no se stima la virtù; no se respetta le persone de merito. Aveu visto il2 bel accoglimento, che avemo recevudo da quella canaglia? Poveri peocchiosi! I vede una putta civil; vestia con tanta proprietà; con un zoggiello al collo che li compra quanti che i zè, e i la tratta in quella maniera?

Arlecchino. Certo che i ha mancà al so dover.

Brighella. Appena i la saluda?

Arlecchino. No i sa le creanze.

Brighella. E mi cossa songio? Cussì se parla con un omo, che è stado in conversazion con tanti sovrani?

Arlecchino. Caro Brighella, ti gh’ha rason.

Brighella. Bisogna veder via de qua, quando parla mia figlia. Tutti stanno colla bocca aperta a sentirla. E qua i la strapazza? I ghe perde el respetto? No i è degni de zolarghe3 le scarpe alla mia creatura.

Arlecchino. Crédime... la me creda, che me despiase.

Brighella. Lumaga no se vede? Che diavolo ha costui?

Arlecchino. Ti parli toscano?

Brighella. E tu parli da villano, quale sei originato.

SCENA VIII.

Olivetta, il Conte Ottavio e detti.

Olivetta. Tant’è, Conte, voglio partire.

Ottavio. Partirete poi.

Arlecchino. Siora Olivetta, ghe son servitor.

Olivetta. Va, di’ alla tua padrona, e a quell’altra sudicia di Beatrice, che quando sarò in Germania, scriverò loro i miei sentimenti, (ad Arlecchino

Brighella. E la nostra lettera la faremo stampare.

  1. Sproposito; vuol dir repentina. [nota originale]
  2. Così il testo.
  3. Allacciare.