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58 ATTO SECONDO

Cecco. Ghitta?

Florindo. Sì, lo sapete?

Cecco. Lo so.

Florindo. Quando lo sapete, conducetemi alla sua casa.

Cecco. Alla sua casa?

Florindo. Sì, alla sua casa.

Cecco. A che fare, Eccellenza, signor Marchese?

Florindo. Voi non avete a cercare i fatti miei.

Cecco. Sa, Eccellenza, che Ghitta è mia moglie?

Florindo. Me ne rallegro; ho piacere, vi sarò buon amico; andiamola a ritrovare.

Cecco. Ma che vuole da mia moglie? Parli con me. (altiero)

Florindo. Volete che ve la dica, signor deputato laterale, che mi parete un beli’impertinente!

Cecco. Da mia moglie non ci si va.

Florindo. Vi farò romper le braccia.

Cecco. Eccellenza, zitto, in segretezza, che nessuno ci senta: so adoperar lo schioppetto. Servitor umilissimo di Vostra Eccellenza.

Florindo. Siete un temerario.

Cecco. Zitto, favorisca: ne ho ammazzati quattro. Servitore obbligatissimo di Vostra Eccellenza.

Florindo. Così parlate al marchese di Montefosco?

Cecco. Senta, senta. Quattro o cinque per me sono lo stesso. Ossequiosissimo di Vostra Eccellenza.

Florindo. (Son solo: costui mi potrebbe precipitare). (da sè)

Cecco. Comanda che io la serva? Vuol divertirsi alla caccia? Vuol che andiamo nel bosco?

Florindo. No, no, amico; nel bosco non ci vado.

Cecco. La servirò a casa.

Florindo. Da vostra moglie?

Cecco. Là non ci si va.

Florindo. Non ci anderò; ma sarà peggio per voi. Giuro al cielo, me la pagherete. (parte guardandosi indietro, per paura di Cecco che giuoca collo schioppo.)