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IL FEUDATARIO 69

Florindo. Basta, in ogni caso mi darò poi a conoscere, e mi porteranno rispetto.

Arlecchino. Se i porterà respetto a vu, no i lo porterà miga a mi1.

Florindo. Via, presto, andiamo.

Arlecchino. Andemo pur.

Florindo. Sento gente.

Arlecchino. Aiuto. (si nasconde)

Florindo. Dove vai?

Arlecchino. Son qua. (nascosto)

Florindo. Niente, niente, è una donna.

Arlecchino. L’è una donna? Oh! son qua, gnente paura.

Florindo. Chi sarà colei?

Arlecchino. La me par...

Florindo. Pare a me...

Arlecchino. Ghitta.

Florindo. Sì, è Ghitta. La sorte mi è favorevole. In questo luogo remoto potrò discorrerle con libertà.

Arlecchino. Comandela altro da mi?

Florindo. Aggirati qui d’intorno, e avvisami se alcuno sopraggiunge.

Arlecchino. La sarà servida. (partendo)

Florindo. Hai capito?

Arlecchino. Se alcun sopraggiunge. Ho capido. (si ritira)

Florindo. Con costoro, per quel che io vedo, ci vuol giudizio. Portano lo schioppo. Ma io col tempo leverò a tutti le armi. Colle donne voglio conversare;2 non ho altro divertimento.

SCENA VI.

Ghitta e detto; poi Arlecchino.

Florindo3. (Vo’ vedere se mi conosce)». (le passa vicino)

Ghitta. (Oh! il bel contadinello! Chi mai sarà? Io non l’ho più veduto). (da sè)

  1. Bettin.: no i me porterà respetto a mi.
  2. Bett.: Dalle donne ci voglio andare assolutamente.
  3. Nelle edd. Bett. e Pap. precede: «Ghitta. Quelle pettegole si vorrebbero metter con me. La signora Marchesa averà ben veduta la differenza. Io almeno so la civiltà