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LA CAMERIERA BRILLANTE 223

Clarice. Volete farmi la dottoressa, la maestra, la superiora.

Flaminia. Sono la maggiore; ma non per questo potete dire...

Clarice. Ah, di grazia, signora maggiore, aspetti, che le bacierò la mano.

Flaminia. Siete pure sofistica.

Clarice. Siete prosontuosa.

Flaminia. A me?

Clarice. Sì, a voi.

SCENA II.

Argentina e dette.

Argentina. Eccole qui. Taroccano. Due sorelle sole, giovani, ricche, garbate, non si possono fra di loro vedere.

Flaminia. Che ne dici, Argentina? Sempre così.

Clarice. Tu come c’entri a venir a fare la correttrice? Sta da quella che sei. La cameriera non si ha da prendere tanta libertà colle sue padrone.

Argentina. Perdoni, signora, perdoni. Non credo d’averla offesa.

Flaminia. Lasciala stare, Argentina. Conosci il suo stravagante temperamento.

Argentina. Peccato, in verità, ch’ella sia così stravagante!

Clarice. Temeraria! Io stravagante?

Argentina. Compatisca: è una parola questa, ch’io non so che cosa voglia dire. L’ho replicata, perchè l’ha detta la signora Flaminia. Parlo anch’io come i pappagalli.

Clarice. È peccato ch’io sia stravagante?

Argentina. Se mi sapessi spiegare, vorrei pur farmi intendere. È peccato che una signora così bella, così graziosa... Se dico degli spropositi, mi corregga.

Clarice. Tu parli in una maniera che non si capisce.

Argentina. Effetto della mia ignoranza. Ma io vorrei vedere che le mie padrone si amassero, si rispettassero, vivessero un poco in pace.

Flaminia. Questo è quello che vorrei anch’io.