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Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1910, X.djvu/80

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76 ATTO SECONDO


mente, siora donna Eufemia, crio mai mi? songio fastidioso? ve tormentio mai?

Eufemia. No certamente, signor padre. Il signor Pantalone è con me discretissimo.

Pantalone. Sentiu? Un mario come mi no se trova.

Dottore. Potete gloriarvi di avere una moglie che è una pasta di zuccaro.

Pantalone. Ella e mi semo do colombi.

Dottore. Non vi è pericolo di alcuna cosa. In mia casa è stata ben allevata.

Pantalone. E mi vivo coi occhi serrai; conosso che la xe una donna, e no son zeloso. E vero, muggier? mi no son zeloso.

Eufemia. È verissimo. (sospirando)

Pantalone. Sospirè? per cossa?

Eufemia. Perchè son cose che mi consolano.

Pantalone. (Eh, te cognossso! Anderà via to pare). (da sè)

Dottore. Mi dispiace dell’accidente di questo bacile. Sono cose che possono dar da dire. Credetemi, genero mio caro, che questa volta non vi siete contenuto da vostro pari.

Pantalone. I m’ha chiappà all’improvviso; no ho avù tempo de pensarghe suso.

Dottore. Sareste ancora a tempo per rimediarvi.

Pantalone. Come?

Dottore. Dovreste a quel signor rimandare la roba sua.

Pantalone. Adesso no xe più tempo. No saveria come far.

Dottore. Lasciate fare a me: datemi quel bacile, e non dubitate. La cioccolata non importa. Il male sta nel bacile. Consegnatelo a me, che troverò la maniera di rimandarlo.

Pantalone. Sior missier, vu no me conseggiè ben. Questa xe la maniera de trovar un impegno. Saveu cossa che farò? Ghe ne farò far un compagno, ghe metterò suso del caffè e del zucchero, e lo manderò a regalar a don Luigi. Cussì saremo del pari, con nobiltà, con pulizia. Ah! cossa ve par?

Dottore. Ancora così anderebbe bene. Basta che si ritrovino dei fatti.