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82 ATTO SECONDO

Pantalone. Cancarazzo! la la riceverà seguro, e la ghe sarà obligada. Vago, se la se contenta, a portarghe le so grazie.

Luigi. Oh, in quanto a questo poi, favorisca. (gli leva la boccetta) Voglio aver io quest’onore di presentarla a madama.

Pantalone. (Diavolo! son imbroggià: no vorria perder quella bozzetta). (da sè)

Luigi. Padron mio, che difficoltà ha vossignoria ch’io faccia una visita alla signora?

Pantalone. Oh! la vede ben...

Luigi. Io sono un galantuomo, un uomo onesto e civile, e so trattare colle persone di garbo, e non son capace di prendermi quelle libertà che non si convengono.

Pantalone. Son persuasissimo.

Luigi. E questo che vossignoria mi fa, è un affronto.

Pantalone. No la se scalda...

Luigi. Cosa crede? ch’io le voglia rubar la moglie? Per la signora donna Eufemia ho tutto il rispetto. Ella è una signora piena di merito; ma io so le mie convenienze.

Pantalone. No gh’ho gnente in contrario.

Luigi. E se crede ch’io le abbia mandata quella cioccolata per qualche secondo fine, s’inganna. L’ho fatto per un atto di buona amicizia. Perchè la signora donna Eufemia ho avuto l’onor di conoscerla prima che fosse moglie di vossignoria, e col bacile non intendo affrontarvi. So che non avete bisogno di queste cose. Siete padrone di rimandarlo.

Pantalone. Via, sior don Luigi, no la me creda cussì incivil che no sappia aggradir una finezza. Queste le xe cosse che se passa, in grazia della bona amicizia.

Luigi. Ma voi non mi trattate da amico, vietandomi di usare un atto di stima e di rispetto verso vostra consorte.

Pantalone. La ghe vorria dar quella bozzetta?

Luigi. Sì, per soccorrerla, se le duole in capo.

Pantalone. E lassarghe el remedio per i so futuri bisogni?

Luigi. Certamente; amo la salute delle persone di merito.

Pantalone. Via, la lassa che vaga a veder cossa fa donna Eufemia.