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88 ATTO SECONDO


di quella sorta; e giuro al Cielo, voi non la possederete più lungamente.

Pantalone. Vorla fursi...

Luigi. Voglio farvi vedere chi son io, chi è vostra moglie, e chi siete voi. Sì, io sono un uomo d’onore, vostra moglie è una savissima donna, e voi...

Pantalone. E mi?

Luigi. E voi siete un indegno. (parte)

Pantalone. Corpo de bacco! le xe cosse che me fa vegnir rabbia. Se el precipitar no costasse bezzi, vorria far veder chi son. Sento che la collera me soffega. Presto, un poco de sto spirito. Sta bozzetta che la sia d’oro? Voggio andarla a toccar colla piera de paragon. (parte)

SCENA XVIII.

Camera di don Onofrio.

Don Onofrio e Agapito.

Onofrio. Così è, signor Agapito, qui mi mancano cento scudi. Non occorre sospettare che mi sieno stati rubati. Le chiavi le tengo sempre attaccate qui alla cintola1.

Agapito. Dunque, come pensa che sieno andati li cento scudi?

Onofrio. Ho venduto mille cinquecento tumoli di grano a dieci carlini il tumolo a Pantalone de’ Bisognosi, ed ecco qui la polizza che parla chiaro. Ieri sera mi ha portati Pantalone i denari. Li ha contati da lui medesimo. Io aveva sonno, non ci ho abbadato; ora conto li mille scudi, e trovo che ne mancano cento.

Agapito. Ergo il signor Pantalone le averà dato cento scudi di meno.

Onofrio. La conseguenza va in forma. Qui non ci è stato nessuno.

Agapito. Quell’avarone è capace di questo e d’altro. E poi, favorisca, vossignoria vende il grano a questo prezzo?

  1. Pitteri, Pasquali ecc.: «attaccate qui, alla cintola».