Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1911, XI.djvu/216

Da Wikisource.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
208


Dottorea colla maschera in mano.

Dottore. In tutt do per la stra, che vegnen vi pian pian; ai trema el gamb come a una sposina la prima volta che la va a marì.

Ottavio. Li compatisco se hanno qualche ribrezzo; ma l’ora è tarda.

Flaminia. Vorrei pur vedere di terminar queste ottave.

Florindo. Quante ne mancano?

Flaminia. Due sole.

Florindo. Ha tempo benissimo di provarle.

Flaminia. Animo dunque, andiamo.

          Dove fondata è la speranza nostra?
          Donde l’ardire al nostro cuor deriva?
          Ah sì! soltanto nella bontà vostra,
          Che gl’infelici del suo amor non priva.
          Franco, vostra mercè, mio cuor si mostra,
          L’alma di tutti noi resa è giuliva,
          Giunger sperando a gloriosa meta
          Gli umili attori e l’umile poeta.

Argentina. Eccolo, eccolo.

Flaminia. Chi?

Argentina. Il signor Zamaria della Bragola.

Sior Zamariab.

Zamaria. Patroni. Sioria. (malinconico)

Ottavio. La riverisco divotamente.

Flaminia. Serva sua, signore.

Argentina. Che vuol dir, signore, che mi par melanconico?

Zamaria. Poverazzi! me fè pecca.

Ottavio. Perchè, signore?

Zamaria. Eh, st’anno sè fritti.

  1. Osservisi che qui il Dottore parla il suo linguaggio bolognese.
  2. Parla veneziano.