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260 ATTO SECONDO


dal cuore. Povera madre! può essere più buona, più amorosa? Mi ha promesso ella stessa di trovarmi lo sposo; e son sicura che lo ritroverà. Florindo mi piace, gli voglio bene: ma se è poi tale, come me lo ha dipinto la mia genitrice, non merita ch’io lo ami, non merita ch’io lo sposi.

SCENA II.

Donna Lucrezia e detta.

Lucrezia. C’è qui la signora cognata?

Laurina. Non signora, non ci è.

Lucrezia. Voleva fargli vedere una certa carta.

Laurina. Che carta, signora?

Lucrezia. Una carta che avete da vedere anche voi.

Laurina. Dunque, se non ci è mia madre, posso vederla intanto io.

Lucrezia. Sì signora, eccola qui. Questa è l’accettazione della vostra persona in un ritiro.

Laurina. Io in un ritiro?

Lucrezia. Voi in un ritiro, quando avanti sera non diate la mano al signor Florindo.

Laurina. Perdonatemi, signora zia, in un ritiro non ci anderò.

Lucrezia. In casa più non vi voglio.

Laurina. Mi mariterò.

Lucrezia. Sì, col signor Florindo.

Laurina. E se non mi mariterò con lui, mia madre me ne troverà un altro.

Lucrezia. Fidatevi di vostra madre, e lo vedrete.

Laurina. Ella me l’ha promesso.

Lucrezia. Se avesse voglia di darvi marito, non impedirebbe che prendeste questo.

Laurina. Dice ch’è nato vile.

Lucrezia. Che importa il nascere? Le azioni si osservano. Tratta da cavaliere, è generoso e splendido, nè si fa star da nessuno.

Laurina. Dice ch’è discolo, e pieno di vizi.

Lucrezia. Non è vero. Io lo conosco. Non ve lo avrei proposto.