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66 ATTO TERZO
L’uso della città, che in pratica si vede,

Alle più oneste mogli la maschera concede.
Entrar negli onorati caffè qui non disdice.
Maurizio. Far scena collo sposo in pubblico non lice.
Contessa. S’ei non mi ascolta in casa, lo cerco in altro sito.
Maurizio. No, non è questo il luogo da parlare al marito.
Contessa. È ver, ma questa sera ei condurrammi in faccia
Madama a mio dispetto; e sarà ver ch’io taccia?
Maurizio. Madama Doralice di voi parlò con stima.
Contessa. Se fingere sapesse, non sarebbe la prima.
Quel cor non conoscete.
Maurizio.   Io pur di lei sospetto;
Ma giova in ogni guisa accogliere il rispetto.
Poichè se in lei1 non spiega verso di voi l’amore,
Almen la soggezione dimostra ed il timore.
E allor che un cuor superbo umiliato2 si veda,
Politica l’accetta, ancor che non gli creda.
Contessa. Dunque voi mi volete esposta a sì gran prova?
E si farà il festino...
Maurizio.   Balestra ove si trova?
Contessa. Balestra eccolo qui.
Maurizio.   Balestra è il cavaliere?
Contessa. Sola non son che in maschera conduca il cameriere.
Maurizio. E ben, signora maschera, la cosa come andò?
Trovaste i sonatori? (a Balestra)
Balestra. Questa sera li avrò.
Maurizio.   L’opera in fatti è degna d’un peregrino ingegno:
Si ama il padrone a costo di metterlo in impegno;
E d’una prepotenza condotta con valore,
E della sua rovina Balestra avrà l’onore.
Balestra. Signor, chiedo perdono. Fermati ho i sonatori
Senza oltraggiar nessuno. Non vi saran rumori.
Un accidente ha fatto ch’eran disimpegnati;
Li ho avuti senza briga, e poco li ho pagati.

  1. Zatta: in sè.
  2. Zatta: s’abbassi e umil si veda ecc.