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IL FESTINO 87
Contessa. Due dame, per il caldo, caddero in svenimento1.

Madama. Dunque è meglio ch’io vada.
Contessa.   Perchè?
Madama.   Perchè la festa
Non abbia a rovinarmi, scaldandomi la testa.
Contessa. Non crederei... ma siamo soggette a cento mali,
Da che le convulsioni son rese universali.
Madama. Voi ne patite?
Contessa.   Assai; perciò fa il mio Contino
Per mio divertimento la cena ed il festino.
Tanto il pregai, che alfine fece per me l'invito,
In cui l’amor si vede spiccar di mio marito.
Madama. Per voi la festa è fatta?
Contessa.   Per me; sembravi strano,
Che sia colla sua sposa sposo gentile e umano?
Non usasi, egli è vero, che soglia far la corte
Con tai divertimenti lo sposo alla consorte.
Ma in casa mia per altri, lo giuro e lo protesto,
Farlo non ardirebbe un cavaliere onesto.
E chi è colei che avesse spirti sì vili e rei,
D’esser da lui servita in fin su gli occhi miei?
Tutte le dame, tutte, furo da me invitate,
Venute da me sola, qual foste voi, pregate.
E se scoprir potessi che fossevi un mistero,
Che alcuna mascherasse colla menzogna il vero,
Qual mi vedete umile, avrei spirito ardito
Per discacciarla ancora in faccia a mio marito.
Madama. Par vi scaldiate meco; e intanto state qui,
E il Conte si diverte, nè sapete con chi.
Contessa. Lascio ch’ei si diverta; a me non preme niente
Ch’ei tratti, ch’ei conversi col cuore indifferente.
Sceglier lo vidi al ballo la vaga e la vezzosa;
In pubblico può farlo.
Madama.   (Son di lei più gelosa), (da sè)

  1. Guibert-Orgeas e Zatta: sfinimento.