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312 ATTO TERZO


Roccolino. Non si va più in campagna? (a Leonide)

Leonide. Certamente; per causa di certo affare, non si va più. Or ora, tornando in casa, lo saprà il signor Mario pure.

Roccolino. Resteremo qui dunque?

Leonide. Resteremo qui.

Roccolino. Me ne rallegro infinitamente.

Ridolfo. V. S. può ritornarsene a casa.

Roccolino. A casa ho da ritornare? (a Leonide)

Leonide. Certamente; noi non abbiamo comodo per servirla.

Roccolino. Ho da ritornare a casa? (a Ridolfo)

Ridolfo. Così è.

Roccolino. Me ne... dispiace infinitamente.

Leonide. Domani può favorire a pranzo da noi.

Roccolino. Sarò a servirla.

Geronimo. Quel signore, per quel ch’io sento, è di quelli che va in campagna e in città onorando le mense or di questo, or di quello.

Roccolino. Chi è cotesto signore? (a Ridolfo)

Ridolfo. Il signor Geronimo, zio del signor Grisologo.

Roccolino. Ella ha un bravo nipote. Una bella testa. Una testa originale massiccia. Gran bei versi! gran belle cose! Me ne rallegro infinitamente; me ne rallegro infinitamente. (parte)

Geronimo. Nipote mio, adulatori, scrocchi, ignoranti. Questi son quelli che vi lodano, che vi acciecano, e che vi faranno impazzire, se li ascolterete più oltre. Torno al proposito di prima: siete malcontenti, figliuoli miei? Vo’ procurare di rallegrarvi. Nipote mia, voi avrete diecimila scudi di dote; so che inclinereste al signor Ridolfo, ed egli inclinerebbe a voi. Muti vita; lo faccia conoscere, e non sarò contrario ai desideri vostri. Mio nipote lasci il fanatismo delle commedie; e avrà un impiego fra pochi giorni, onorifico, lucroso, e di non molta fatica1. Mio fratello sarà contento di vedere ben collocati i figliuoli; e la signora Leonide, che è senza padre, si assicuri, per l’interesse che avere della sua famiglia, che potrà in me ritrovarlo, se con una savia rassegnazione si lascierà condurre da’ miei consigli;

  1. Così l’ed. Zatta. Le edizioni precedenti aggiungono ancora: di non molta fatica.