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Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1911, XII.djvu/379

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LA BUONA FAMIGLIA 373

Venite qui; accostatevi; voglio che facciate la pace; e presto fatela, prima che ritorni a casa Cecchino; prima che se ne avveda Isabella; prima che sappiasi dalla servitù. Datemi la vostra mano, (a Costanza) Fabrizio, la mano. Se mi volete bene, pacificatevi, abbracciatevi, consolatemi per carità.

Costanza. Vi domando perdono. (a Fabrizio)

Fabrizio. Ed io a voi, cara.

Anselmo. Via, via, stiamo allegri; che non si pianga più; che più non vi sieno dissensioni, dispiaceri, contese. Pace, pace; sia benedetta la pace. Questa sera dunque verrà il compare, il dottore e lo speziale, che già loro l’ho detto, e staremo in buona compagnia con quegli uomini veramente da bene; e dopo la merenda, voglio che facciamo una burla allo speziale. So ch’egli ha un fiasco di vino buono, voglio che in compagnia andiamo a beverglielo tutto; e ha da venire Cecchino e Isabellina, e voglio che si stia allegramente, sì, allegramente.

Costanza. Oh signore, Isabellina non l’ho condotta mai fuori di notte.

Anselmo. Verrà con me; le darò mano io; e se alcuno la vorrà nemmeno guardare, gli farò il grugno io. Oh, ecco il nostro Cecchino.

SCENA III.

Franceschino, Nardo e detti.

Franceschino. (Entra, si cava il cappello, e va a baciare la mano a tutti, e parte.)

Anselmo. Ora ci siamo tutti; mi pare di essere più contento. Nardo, come stiamo in cucina?

Nardo. Io per me posso far quanto presto vuole. Ma all’ora solita del desinare ci mancheranno due ore.

Anselmo. Tanto ci manca?

Costanza. Si sente in buono appetito il signor suocero?

Anselmo. Io sì, per dir il vero; ma non tanto per me ho sollecitudine, quanto per Fabrizio, che stamattina si è alzato presto; e sarà bene anticipare un poco.