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392 ATTO SECONDO


Raimondo. Cerca di voi, signora; andatelo ad avvisare ch’ella si trova qui. (a Nardo)

Nardo. Vado subito. (parte)

Raimondo. Mia moglie è stata da lei per cento scudi, non è egli vero?

Costanza. Sì signore. L’ha veduta ora la signor’Angiola?

Raimondo. Ora? dove? Non l’ho veduta io.

Costanza. È molto che è qui vossignoria?

Raimondo. Poco. É forse ritornata mia moglie?

Costanza. (Non lo sa nemmen egli. Oh cielo, cielo! Che cosa mai ha da essere?) (Ja sè)

Raimondo. Voi mi parete turbata. Vi è qualche cosa di nuovo?

Costanza. Ho qualche cosa che m’inquieta. Compatitemi. (guardando per la camera)

Raimondo. Non vorrei che mia moglie vi avesse dato dei dispiaceri. Sarebbe capace di farlo.

Costanza. (Non è possibile che mi possa dar pace). (s’accosta allo studio)

Raimondo. (È agitatissima questa donna). (da sè)

Costanza. (Povera me! che cosa mai ho veduto?) (da sè, dopo aver osservato nello stanzino)

Raimondo. Ma che avete, signora Costanza?

Costanza. Niente, signore. (Prudenza vuole che mi raffreni). (da sè)

Raimondo. Ecco il signor Fabrizio.

Costanza. Con sua licenza. (torna a partire per dove è venuta)

SCENA XVI.

Raimondo, Fabrizio, poi Angiola, poi Nardo.

Fabrizio. Signora Costanza. (chiamandola) Che novità è mai questa? Fugge? Non mi guarda? Non mi risponde?

Raimondo. Queste gioje, signore, si possono vedere sì o no?

Fabrizio. Le chiavi le ha mia moglie.

Raimondo. (Qui ci avrebbe a essere qualche cosa sotto). (da sè) Signore, compatite l’incomodo.

Fabrizio. Tornate in un’altra ora.