Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1911, XIII.djvu/140

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134 ATTO PRIMO


Claudia. (Sono tenuta alla vostra cortese attenzione...)

Metilde. Signora madre.

Claudia. Che cosa volete?

Metilde. Perdoni, non incomodi tanto il signor Conte.

Claudia. Fraschetta. (si ritira un poco)

Conte. Abbiamo ragionato di voi, signorina.

Metilde. Me l’immagino. La signora madre parla volentieri di me.

Claudia. Sentite? Sempre sospetta di me, e sempre con un simile fondamento. Orsù, alle corte, quello che voleva dire è questo...

Conte. Ma signora...

Claudia. Non è cosa che possa produr mal effetto. Metilde è in età da marito; voglio collocarla quanto più presto si può. E voi che siete un cavaliere entrante, che ha delle aderenze lontane, vi prego stare in traccia, se si trovasse un partito buono.

Metilde. (Mi vorrebbe maritare lontana, per non avermi dinanzi agli occhi). (da sè)

Conte. Non mancherò, signora, di usare ogni possibile diligenza per rinvenire partito degno di lei.

Claudia. Direte ora, ch’io non cerco di collocarvi?

Metilde. Ma mi vorrebbe mandar lontano.

Claudia. Qui non mi si offre un genero, che degno sia della nostra casa.

Metilde. Il signor conte Nestore non è di sangue nobile quanto noi?

Conte. Donna Claudia non ha ancora certa contezza della mia nobiltà.

Claudia. Vi credo nobilissimo, Conte mio; ma son certa che avreste difficoltà a pigliarla, sentendola a ragionare così.

Metilde. È egli vero, signor Conte, che ci avreste della difficoltà?

Conte. Signore mie, prima che c’impegniamo in un discorso che non può essere tanto breve, permettetemi che io vi dica una cosa che mi era dimenticata. Due ore sono, è capitata qui mia sorella.

Claudia. La Contessa vostra sorella?

Metilde. Come si chiama?

Conte. Carlotta.