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166 ATTO TERZO


Conte. Ma io qui ci doveva venire per qualche cosa di maggior premura; e ho voluto condur voi pure, acciò principiate un poco a vedere, a distinguere, ad imparare. Ma voi non volete scordarvi della vostra villa; in ogni discorso vostro c’entra la campagna, i ravanelli, l’aratro. Ora con un pretesto vi ho condotto qui in queste camere, dove vi contenterete di stare sino che si va a desinare.

Carlotta. E a che ora si desina in questa città?

Conte. Per solito tardi assai.

Carlotta. A quest’ora in villa da noi...

Conte. Ma lasciate una volta questa parola indegnissima.

Carlotta. Non la dirò più.

Conte. E regolatevi con prudenza, quando siete con persone di soggezione.

Carlotta. In quanto a questo poi, credetemi, fratello, io non ho soggezion di nessuno1.

Conte. Male, malissimo. Voi non vi prendete soggezion di nessuno, perchè non distinguete le convenienze.

Carlotta. E che cosa sono le convenienze?

Conte. Ora non ho tempo di farvi altre lezioni.

Carlotta. Per esempio, con quella ragazza io ci stava volentierissima.

Conte. Con quale ragazza?

Carlotta. Colla figliuola di quella donna che è padrona di questa casa.

Conte. E a una dama dicesi quella donna?

Carlotta. Che non è2 donna come le altre?

Conte. Convien distinguere il grado.

Carlotta. Basta, vi dico che colla figliuola sua io ci stava volentierissima. Somiglia in tutto alla Menichina, che veniva con me in villa a lavorare nell’orto.

Conte. Sì, questa bellissima cosa ho inteso, che l’avete detta a lei pure, e per questo vi ho levata di là, perchè non diceste di peggio.

  1. Guibert-Orgeas, Zatta ecc.: alcuno.
  2. Guibert-Orgeas, Zatt aecc: Che? non è ecc.