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IL RAGGIRATORE 167


Carlotta. Che? è forse male il lavorare nell’orto? Mi ha detto ella pure, che vuole che io le insegni piantare.

Conte. Chi vi ha detto questo?

Carlotta. Metilde.

Conte. Metilde? Donna Metilde si dice.

Carlotta. Perchè donna? se non ha marito.

Conte. Donna è titolo di onore.

Carlotta. Non lo sapeva che fosse cosa onorata l’esser donna senza avere marito.

Conte. Voi non saprete nemmeno di essere quella ignorante che siete.

SCENA II.

Spasimo e detti.

Spasimo. Ecco, signore, la camiscia che mi ha ordinato portare.

Conte. Bene, andiamo m quest’altra camera, che vo’ mutarmi. Venite meco, sorella.

Carlotta. Quante volte il giorno vi volete mutare?

Conte. Venite, non pensate altro.

Carlotta. In villa da noi...

Conte. In villa da voi, e in città da noi... Contessa, andiamo. (parte)

Carlotta. Ha detto a me? (a Spasimo)

Spasimo. A lei.

Carlotta. Sì, sì, non me ne ricordava. Lo sapete voi ch’io sono la signora Contessa? (a Spasimo)

Spasimo. Lo so, per quel che dicono.

Conte. Si viene, o non si viene? (dalla scena, spogliato)

Spasimo. Eccomi. (entra dal Conte)

Conte. Animo. Venite voi pure. (a Carlotta, ed entra)

Carlotta. Vengo. Che voglia ch’io pure mi muti di camiscia? Non crederei, perchè non ho altro che questa. Oh quant’imbrogli! Benedetta la mia campagna! (parte)