Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1911, XIII.djvu/277

Da Wikisource.

LA DONNA STRAVAGANTE 271
Sì, sì, lo merta, il vedo, lo merta il suo costume;

Amor tutto non togliemi della ragione il lume.
Chi sa che non si cambi nel rigido contorno?
Chi sa che, men volubile, non si corregga un giorno?

SCENA VI.

Don Properzio, don Medoro ed il suddetto.

Properzio. Amico, se degnate con noi d’accompagnarvi,

Andiam da don Riccardo, venite a consolarvi.
Rinaldo. Per qual ragion?
Medoro.   Si dice che sia concluso e fatto
Fra la minor nipote e un principe il contratto.
Properzio. L’altra maggior germana motivo ha d’invidiarla.
Medoro. Che dite? don Rinaldo non basta a consolarla?
Properzio. È ver, l’esser che vale di titoli ripieno?
Nobile è don Rinaldo di un principe non meno.
Medoro. La nobiltade in lui sopra d’ognun s’apprezza.
Properzio. Ed alla nobiltade congiunta ha la ricchezza.
Rinaldo. Amici, delle lodi non son soverchio amico;
Ma se adular pensate, franco sostengo e dico,
Che son per il mio grado, che son pel mio natale,
Più assai che non credete ai primi lumi eguale.
Properzio. Questo si sa, nel mondo entrambi siete noti.
Rinaldo. Nè meglio don Riccardo locar può le nipoti.
Properzio. (Giustizia ai loro meriti giovaci far con arte,
Se delle nozze loro vogliamo esser a parte).
(piano a don Medoro)
Medoro. (Son cavalieri illustri, son ambi generosi.
Godrem de’ trattamenti magnifici e pomposi).
(piano a don Properzio)
Rinaldo. (Più non si stia dubbioso, giacchè partir conviene).