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L'APATISTA 237
Cavaliere. Al suo dover non manca un cavalier d’onore.

(a don Paolino)
Ma dov’è, Contessina, il vostro genitore?
Ora è di dare in tavola. Ehi, avvisate il Conte,
Che quando egli comanda, le vivande son pronte.
(ad un servitore che viene chiamato, e parte)
Contessa. Cavalier, che vuol dire, che nemmen mi guardate?
Cavaliere. Posso in nulla servirvi? Eccomi, comandate.
Paolino. La sposa ogni momento deve chiamar lo sposo;
Dee prevenire il cenno un amatore ansioso.
Cavaliere. Caro don Paolino, io non so far l’amore:
Insegnatemi voi.
Contessa.   Miglior maestro è il cuore.
Cavaliere. È vero, a poco, a poco... In tavola. Ecco il Conte.
Paolino. (E simulare io deggio d’un mio rivale a fronte?) (da sè)

SCENA VII.

Il Conte Policastro e detti; poi Servitori che mettono in tavola.

Conte. È partito? (mettendo il capo fuori della scena)

Cavaliere.   Che avete?
Conte.   Giacinto se n’è andato?
(come sopra)
Cavaliere. Sì, signore, è partito.
Conte.   Il ciel sia ringraziato, (esce fuori)
Cavaliere. Concepiste timore?
Conte.   Un poco, (al Cavaliere) Com’è andata?
(alla Contessa)
Contessa. Senza diffìcoltade da lui mi ho liberata.
Conte. Brava, brava davvero. Mia figlia è la gran diavola.
Cavaliere. Vostra figlia ha giudizio.
Conte.   Ma quando danno in tavola?
Cavaliere. State ben d’appetito? (portano in tavola)
Conte.   Ne ho poco per natura.