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330 ATTO QUARTO
Gran sfortuna è la mia! per tutto dov’io vo,

Par che tutti mi sfuggano, ed il perchè nol so.
E non si può già dire, che un ignorante io sia;
Basta che apra la bocca, tutti se ne van via.
Maladetto destino! fino la servitù
È solita piantarmi dopo tre giorni al più.
Diconmi seccatore, dicon ch’io parlo assai.
Come lo posson dire? se io non parlo mai. (parte)

SCENA V.

La Contessa, poi Martorino.

Contessa. Un seccator compagno non ho mai più sentito.

Basta, quando il ciel volle, la lettera ho finito.
Martorino. (chiama)
Martorino.   Comandi.
Contessa.   Cerca del capitano.
Procura questa lettera di dargli in propria mano.
Martorino. Dove poss’io trovarlo?
Contessa.   Al solito caffè.
Dove suol trattenersi quando non vien da me.
(Martorino parte)

SCENA VI.

La Contessa, poi Martorino che torna.

Contessa. La lettera che ho scritta, mista è di dolce e amaro;

Comunque egli la prenda, vi ho sempre il mio riparo.
Se il rimprovero il punge, lo medica dolcezza;
Se il tenero l’affida, vi è poi dell’amarezza.
Quando davvero ei dica, perderlo non vogl’io;
Ma torni, o non ritorni, la voglio a modo mio.
Che vuol dir? non andasti? (a Martorino, che torna)