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A SUA ECCELLENZA

SIGNOR CONTE

CORNELIO PEPOLI.


È

molto tempo, Eccellenza, che io desiderava darle una pubblica testimonianza del mio ossequioso rispetto, per la venerazione in cui tengo l’amabile di lei Persona, e il felicissimo suo talento, e per quella bontà con cui Ella si degna di proteggere e di compatire le opere della mia mano. Quanto mi animava quest’onorato mio desiderio, altrettanto mi tratteneva la considerazione della mia bassezza, incapace di presentarsi a V. E. con cosa degna di lei. Ora che sono vicino ad allontanarmi, per qualche anno almeno, dalla mia Patria1, non posso, dubitando, tirar più innanzi, col pericolo di partire senza aver supplito al mio dovere ed a questa mia incessante brama. Supplico pertanto l’E. V. benignamente accogliermi nel miserabil modo con cui vaglio produrmi innanzi di Lei, recandole umilmente in dono una mia Commedia. Ella vede benissimo, ch’io sono con un tal donativo che le offerisco, più avaro che liberale, mentre in ricompensa di sì scarso presente, le chieggio la vasta rimunerazione del di Lei patrocinio, bastando il nome di V. E. a decorare qualunque opera. Non vi è chi non sappia l’illustre sangue de’ Pepoli essere per antichità, e dignità, e grandezza, dei più famosi e dei più rispettati d’Europa. Bologna, madre di scienze e produttrice d’Eroi magnanimi e valorosi, vanta l'E. V. fra suoi più cari, e più adorni, e più rinomati Patrizj, ed ha ragion d’invidiare il bene della Repubblica Serenissima di Venezia, che gode presentemente di vederla qui soggiornare, come gloriavasi per l’avanti d’averla sol-

  1. Allude l’autore alla partenza per la Francia nel 1762. La presente lettera di dedica fu stampata in testa alla commedia nel t. VIII dell’ed. Pitteri di Venezia, l’autunno dell’anno 1761.