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376 ATTO PRIMO
Dell’attenzione vostra non vi avrete a pentire.

Vadan fuori di casa le mie nipoti, e poi...
Valentina, vedrete quel ch’io farò per voi.
Valentina. Eh signor, s’io non fossi venuta al suo servizio,
A quest’ora sarebbe la casa in precipizio.
Le sue care nipoti sono due testoline,
Che presto ad un tesoro saprebbero dar fine.
Altro non hanno in mente che mode e bizzarrie.
Se si lasciasser fare, farebbero pazzie.
La prima è dottoressa, superba, pretendente,
Che guai a chi la tocca, e a chi le dice niente.
La seconda, a dir vero, ha un buon temperamento,
Ma sotto di quell’altra peggiora ogni momento.
E fan l’amor, signore, e son sì petulanti.
Che fino in propria casa fanno vemir gli amanti.
Fabrizio. Gli amanti?
Valentina.   Sì, signore.
Fabrizio.   In casa?
Valentina.   Così è.
Fabrizio. Disgraziate, insolenti, l’avranno a far con me.
Ma voi che cosa fate? Voi non dite niente?
Valentina. Se dico? domandatelo. Grido continuamente;
E m’odiano per questo, ed hanno protestato
Di far che voi mi diate prestissimo il commiato.
Han stabilito insieme con voi di screditarmi.
Per obbligarvi un giorno di casa a licenziarmi.
Chi sa quante calunnie inventeran di me?
Sono capaci entrambe di dir quel che non è.
Le serve, i servitori ch’io tengo in soggezione,
Vorranno per dispetto tener dalle padrone.
Ed io che son da tutti odiata in questo tetto,
Essere discacciata con mio rossor m’aspetto.
Fabrizio. Vcilentina scacciata? da chi? chi ha tal potere?
Chi puote in questa casa volere e non volere?
Il padrone son io. E al diavol manderei,