Prima di licenziarvi, tutti i parenti miei.
Fate il vostro dovere, e non temete un zero,
Vi do sulla famiglia un assoluto impero;
E chi non vi obbedisce, e chi non vi rispetta.
Vedrà dei torti vostri s’io saprò far vendetta.
Valentina. Io non ho pretensione d’essere rispettata.
So che povera sono, che povera son nata;
Superba non mi rende il ben che voi mi fate,
Ma farò il mio dovere, se voi lo comandate.
Tratterò le signore, come trattar si denno;
Basta ch’esse non perdano dietro gli amanti il senno.
Lo so che in vita mia l’occhio non ho rivolto
Nemmeno a rimirare un giovane nel volto,
E possomi vantare nella mia fresca età,
D’esser tra le fanciulle lo specchio d’onestà.
Dal ciel chi ha buon talento la sua ventura aspetta.
Fabrizio. Sì, la mia Valentina, che siate benedetta!
Il cielo a’ vostri meriti darà miglior destino.
Tenete, vo’ donarvi questo bell’anellino.
Valentina. A me, signor?
Fabrizio. Sì, a voi.
Valentina. L’anel, vedete bene,
A giovane fanciulla portar non si conviene.
Diran, se a me lo vedono, quel che di noi dir sogliono.
Diran che voi mi amate.
Fabrizio. Che dican quel che vogliono.
Valentina. Oh, son troppo gelosa di mia riputazione.
Fabrizio. Basta, se non volete... (ritira l’anello)
Valentina. Ma penso che il padrone
Può regalar, se vuole, la serva impunemente,
E del padron la voce può far tacer la gente.
Fabrizio. Così diceva anch’io. Volete? io ve lo do.
Valentina. Per atto d’obbedienza, signore, il prenderò.
Fabrizio. Ponetevelo in dito.
Valentina. E poi che si dirà?